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Separazione delle carriere, questione irrisolta

 In Rassegna stampa

La riforma della giustizia, quanto al processo penale, arriva dopo gli oltre cento “aggiustamenti” già fatti sul rito accusatorio introdotto nel 1988. Dopo ogni aggiustamento il processo ha funzionato peggio, al punto di rendere il nostro un Paese senza giustizia.

Non è superflua un’analisi che denunci la preoccupante inconsapevolezza sul problema, un problema che purtroppo non si risolve con le riforme, richiedendo una crescita culturale. Sicché vi è poco da sperare che la riforma intervenuta modifichi la situazione. Le indagini di Mani Pulite, 1992, seppure non politiche in senso stretto, lo furono senz’altro in senso lato per i rilevantissimi effetti politici che ebbero, tanto rilevanti da modificare l’intero scenario dei partiti. Risultò chiaro che la magistratura poteva estendere il proprio ruolo fino ad incidere risolutivamente nella vita politica del paese.

Questo avrebbe dovuto far riflettere, perché in una democrazia ordinata i poteri devono essere reciprocamente immuni da possibili interferenze. Invece, si è andato sempre più avanti. Il controllo di legalità da parte della magistratura è insostituibile, ma non è condivisibile un potere giudiziario che possa svuotare a colpi di mandati gli altri poteri dello Stato. Cosa da noi resa possibile dalla sinergia che scaturisce dalla compatta omogeneità fra la magistratura inquirente e la magistratura giudicante. Proprio in questa unità di carriera pm/giudici, che in qualche modo comprime il contraddittorio, molti vedono un successo nella lotta alla criminalità, specie dei colletti bianchi; ma bisognerebbe avvertire l’allarme dello squilibrio fra i poteri statuali che ne deriva. Indubbiamente va salvaguardata l’indipendenza del pubblico ministero quale titolare dell’azione penale.

Peraltro, non sembra coerente con il principio della terzietà del giudice (articolo 111 Cost.) un pubblico ministero integrato nell’esecutivo; d’altra parte, non è congeniale al processo di modello accusatorio un pm che per carriera sia anche giudice. Ma da noi le cose stanno così, nonostante la riforma. Per dare alla funzione giudiziaria la dimensione che le spetta in una democrazia avanzata, vale a dire parità delle parti nel processo ed equilibrio con gli altri poteri statuali, sarebbe assolutamente necessaria la separazione delle carriere di pubblico ministero e di giudice, realizzata in modo tale da garantire al pm l’indipendenza dall’esecutivo.

Questo problema implica delicate questioni di natura transitoria e costituzionale di difficoltosa soluzione, sicché sembra che si tema di affrontarlo; ed invece andrebbe affrontato, come andrebbe affrontato il problema dell’obbligatorietà dell’azione penale, notoriamente incompatibile con il processo di rito accusatorio. In Italia, è tale l’intasamento dei processi, che le sentenze arrivano dopo anni, quando per lo più, di condanna o di proscioglimento, a nessuno più interessano. E si allunga il termine di prescrizione del reato, dimenticando che ogni allungamento della prescrizione ha allungato la durata del processo. L’esperienza dovrebbe servire a qualcosa! Per tornare all’obbligatorietà dell’azione penale, si tratta di un antiquato “unicum” del nostro Paese, che sembra disinteressarsi dell’intasamento processuale.

Nei paesi del mondo avanzato, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, l’esercizio dell’azione penale è discrezionale, con qualche limite in Germania per reati particolarmente gravi. Non può tacersi, d’altra parte, che da noi non mancano casi di uso strumentale della obbligatorietà, passandosi per “atti dovuti” vere e proprie interferenze fra i poteri dello Stato. Sulle intercettazioni, è superfluo ricordare l’invasività di questo strumento investigativo, divenuto da noi prevalentemente ma anche pericolosamente sperimentato, con gli effetti distorti che possono derivarne. Casi recenti, come del passato, ammoniscono in proposito; eppure credo che superiamo in volume gli Stati Uniti!
Senza un freno nell’applicazione, diventa aria fritta discorrere della diffusione. In definitiva, non può sfuggire l’assoluta e purtroppo persistente inconsapevolezza italiana sul tema della giustizia, per non parlare di quella civile. In tema di giustizia, nella classifica mondiale l’isola di Cipro ci salva dall’ultimo posto. Infatti siamo i penultimi! Cosa si spera da questa riforma che trascura i punti centrali?

Massimo Krogh su La Repubblica

Fonte: Ristretti Orizzonti

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