Il 40° Congresso straordinario del Partito Radicale tra i detenuti di Rebibbia
Si è svolto tra le mura del carcere di Rebibbia a Roma, il 40° Congresso Straordinario del Partito Radicale. Tra il ricordo di Marco Pannella, la presenza e gli interventi dei detenuti, ecco come è andata e quale sarà il futuro del partito. Hanno partecipato anche il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) Santi Consolo, il Direttore dell’istituto penitenziario di Rebibbia Mauro Mariani e il Comandante della Polizia Penitenziaria della casa circondariale di Rebibbia Massimo Cardilli.
I piccioni si tengono lontani dai gabbiani che planano sull’erba alta del cortile, dove si ergono edifici che sono degli enormi rettangoli di cemento. A interrompere la monotonia dell’architettura ci pensano le sbarre di ferro. Non si tratta soltanto di una struttura. All’interno di essa ci sono storie, corpi, anime e speranze. Anzi per molte delle persone rinchiuse tra queste quattro mura la speranza non esiste, è morta. Il carcere di Rebibbia a Roma, ha ospitato il 40° Congresso Straordinario del Partito Radicale. I protagonisti sono la politica e i detenuti. L’oggetto è il futuro del partito.
La storia del detenuto e del suo Commissario
Ha gli occhi blu come il mare. Il sorriso gli allarga il volto ogni qual volta una persona “esterna” al carcere incrocia il suo sguardo o gli rivolge la parola. Come per tutti i suoi compagni è evidente la voglia di avere uno scambio, un contatto con il mondo esterno. Sono sufficienti un saluto e una stretta di mano per farlo felice e rendere più sopportabile la sua condizione. Napoletano, ha vissuto un’esperienza dura caratterizzata da 10 anni di carcere, prima all’estero e poi a Rebibbia. La reclusione da giovane, la mancanza di un amore, della vicinanza di un amico o di un familiare. I primi anni fatti di botte e violenza, poi il cambiamento, la crescita. Una maturazione che porta ad una consapevolezza: quella di avviarsi verso un percorso che al più presto lo porterà di nuovo in libertà per potersi riprendere la sua vita. C’è speranza e c’è dignità, quella cosa che ad un uomo non andrebbe mai sottratta. Così iniziano i lavori che lo portano a prendere un diploma e ad apprendere un mestiere. Sa che ha sbagliato ma sa anche che sta pagando. Lo ha capito, adesso deve rimettersi in discussione, recuperare il tempo perduto. Deve dimostrare alla società di poterne fare parte, così come la società potrà sentirsi sollevata di non aver condannato per sempre uno dei suoi figli.
Tutto questo avviene tra le mure di Rebibbia anche grazie al lavoro di persone come il Sostituto Commissario (Ispettore Superiore) Luigi Giannelli. Pugliese di nascita, Giannelli è una persona colta e preparata che sa cantare e recitare. Luigi ha dedicato la sua vita a rendere la convivenza in carcere tra polizia e detenuti, più “leggera” possibile. “La galera fa parte della società non rappresenta un mondo estraneo ad essa” afferma il Commissario. La sua attività, oltre a essere di sorveglianza e coordinamento degli agenti penitenziari, ha lo scopo di sviluppare percorsi ricreativi e socialmente utili per i detenuti. Questi ultimi sono infatti coinvolti in diversi progetti come, ad esempio, quelli riguardanti il teatro presente all’interno di Rebibbia. Luigi ha raccontato in esclusiva a Voce di Napoli, come sia fondamentale l’aspetto psicologico all’interno di una prigione. Il far rispettare e riconoscere i ruoli senza calpestare l’umanità di chi è rinchiuso in galera. “Ho visto detenuti incapaci di riconoscere i colori, incapaci di potersi muovere oltre spazi angusti, incapaci di saper reggere una forchetta di ferro tra le mani.- continua Giannelli – Perché? Semplice; dopo anni trascorsi rinchiusi in una cella, dove gli unici colori che vedi sono il grigio, il nero e il bianco, dove lo spazio in cui puoi muoverti è fatto di pochi metri quadri e dove mangi il pasto in piatti di plastica con posate dello stesso materiale, il tuo cervello si abitua a certi stimoli, perdendone degli altri. Per non parlare dei suicidi. Mi è capitato anche questo, per fortuna una volta sono riuscito a salvare un ragazzo prima che facesse l’estremo gesto“. Il commissario sa bene che ha che fare con delle persone e non con dei rifiuti. Sa bene che certi meccanismi sono massacranti anche per i suoi colleghi che lavorano nelle strutture carcerarie. Afferma Luigi: “I miei colleghi ed io viviamo qui, conviviamo con i detenuti e ne condividiamo lo stato di reclusione. C’è chi fa il pendolare, chi è costretto a stare lontano dalla famiglia e vive in un edificio qui vicino alla prigione. Siamo anche noi dei prigionieri. Il dramma è uguale per tutti“. Proprio per questo nel suo intervento al Congresso del Partito Radicale ha chiesto che lo Stato intervenga, sia per affermare l’articolo 27 della Costituzione (in merito al recupero del detenuto per favorirne il ritorno in società), sia per investire nelle strutture penitenziarie, soprattutto nelle risorse e quindi nel corpo della Polizia Penitenziaria. Alla fine dell’intervento il pubblico si produce in un forte applauso. Luigi scende dal palco e torna in fondo alla sala. Gli vanno incontro i colleghi per fargli i complimenti. Ma non sono i soli. Mentre Giannelli torna al suo posto, i detenuti gli allungano la mano per stringergliela.
I progetti solidali: tra un caffè e una partita di rugby
Nel carcere di Rebibbia ci sono due progetti davvero interessanti, volti a dare ai detenuti delle alternative rispetto alla prigionia. Il Caffè del Galeotto è un prodotto che nasce grazie al lavoro della cooperativa Pantacoop che ha costruito una torrefazione all’interno dell’istituto penitenziario dove si produce il caffè. Vi lavorano i carcerati che lo hanno anche venduto alle persone presenti al congresso, grazie ad un gazebo installato all’interno del cortile della prigione. Silvia Consani, architetto e responsabile grafica dell’iniziativa, ha raccontato a Voce di Napoli: “Il progetto è nato e partito nel 2014. Siamo da questo punto di vista un’avanguardia che opera nel sociale, considerato che non sono a conoscenza di altre iniziative simili in Italia. Da qualche tempo abbiamo avviato anche una rete commerciale per provare a vendere il nostro caffè nei bar all’esterno dell’istituto penitenziario“.
Non solo il lavoro ma anche lo sport è protagonista all’interno del carcere di Rebibbia. Uno dei detenuti presenti al congresso indossa una maglietta di una squadra di rugby, “Me l’ha data lui che gioca a rugby“, dice indicando un altro detenuto, e racconta a Voce di Napoli “Lui gioca a rugby perché una squadra di Roma, la SPQR Gladiatori Rugby, con la collaborazione di una cooperativa, dà la possibilità ad alcuni detenuti di potersi allenare a giocare sul campo“. Insomma la palla ovale rende liberi.
L’associazione radicale di Napoli “Pennabianca” a Rebibbia
Napoli è stata presente al 40° Congresso Straordinario del Partito Radicale, non solo perché rappresentata da diversi detenuti e agenti penitenziari, provenienti dalla città partenopea, ma anche perché all’evento hanno partecipato i membri dell’Associazione Radicale “Pennabianca”. Il loro supporto è stato molto incisivo sia dal punto di vista organizzativo che da quello politico. Non è un caso, infatti, che il lancio e la convocazione del congresso è stata fatta proprio a Napoli durante una conferenza stampa tenutasi all’Hotel Alabardieri alla quale ha partecipato il tesoriere del Partito Radicale Maurizio Turco. Storicamente la figura di Marco Pannella è da sempre molto legata alla città di Napoli. Pannella è stato Consigliere comunale in città negli anni ’80, è stato spesso in visita ai detenuti del carcere di Poggioreale, ha portato avanti la battaglia sul rischio Vesuvio e inaugurato in Piazza del Plebiscito la campagna referendaria per una Giustizia Giusta nel 2013.
Il 40° Congresso straordinario del Partito Radicale
Questo congresso del Partito Radicale è stato straordinario per due ragioni: la prima è relativo alla convocazione fatta dagli iscritti, la seconda è per l’assenza di Marco Pannella. Il tema è stato: Da Ventotene a Rebibbia. Quindi è chiaro il motivo per il quale il Partito Radicale è l’unica organizzazione politica che abbia mai organizzato un congresso in un carcere (e probabilmente questa unicità durerà per sempre). A parteciparvi circa 25 detenuti tra cui qualche donna. Il congresso ha avuto l’obiettivo di definire una linea politica e la classe dirigente che dovrà portarla avanti. Le divisioni interne al partito hanno avuto un peso non indifferente sulle vicende dei radicali negli ultimi anni. Così come hanno giocato un ruolo decisivo i debiti che hanno peggiorato la situazione finanziaria. Ai pannelliani “capitanati” da Maurizio Turco, Rita Bernardini, Angiolo Bandinelli, Sergio D’Elia (Nessuno Tocchi Caino) e Valter Vecellio, si sono contrapposti i boniniani (in tutto ciò Emma Bonino non si è presentata), tra i quali spiccano Roberto Cicciomessere, Riccardo Magi (Radicali Italiani), Gianfranco Spadaccia (fondatore con Pannella del partito) e Marco Cappato (Associazione Luca Coscioni). Alla fine è stata votata dalla maggioranza degli iscritti la mozione con primo firmatario Maurizio Turco. Il documento prevede che la presidenza votata dal congresso, delegherà Maurizio Turco, Sergio D’Elia, Rita Bernardini e Antonella Casu per condurre il Partito Radicale in una fase di transizione. Quest’ultima avrà la durata di due anni. Durante questo periodo dovranno proseguire le battaglie per una riforma della giustizia (che prevede l’approvazione dell’amnistia), per la concretizzazione di un’unione federale europea e per l’affermazione del Diritto Umano alla Conoscenza in sede Onu. Inoltre entro il 2017 dovranno essere fatte 3.000 iscrizioni al partito e nel 2018 altre 3mila nuove iscrizioni. Se tutto andrà a buon fine sarà convocato entro 90 giorni un congresso ordinario che avrà il compito di eleggere le nuove cariche. In caso contrario il Partito Radicale rischierebbe la liquidazione e la chiusura. Hanno partecipato al congresso il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, l’Onorevole Benetto Della Vedova, il sottosegretario alla giustizia Gennaro Migliore. Sono stati presenti anche l’ex Governatore della regione Sicilia Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri. Il primo ha scontato una pena detentiva di 5 anni a Rebibbia, il secondo si trova ancora recluso nell’istituto.
Spes contra Spem e l’affermazione del diritto e delle libertà
Sono tutti in sala, come degli studenti portati ad assistere una lezione speciale. Occhi pregni di stupore e volontà. Una forza che si nota in ogni loro movimento, in ogni loro sguardo. Scherzano tra loro, sorridono, sono attenti e concentrati. Applaudono, esaltano i compagni iscritti a parlare e che sono intervenuti al Congresso. Qualche ora per tre giorni. Ore di partecipazione, ore per manifestare la propria opinione. Per questi tre giorni, i detenuti di Rebibbia, hanno assaporato ben altro che solo una sensazione di libertà. Diversi gli interventi provenienti da chi è stato condannato all’ergastolo. Persone destinate a non uscire più da galera che hanno magari studiato e preso una laurea. Uomini e donne che nonostante non abbiano perso la speranza, hanno detto: “Meglio che venga ripristinata la pena di morte, piuttosto che rinchiuderci per sempre qui dentro“. Queste persone hanno riacquistato dignità, rispetto, umanità e soprattutto speranza. Vicini a loro le guardie penitenziarie che hanno svolto un lavoro organizzativo impeccabile, serio e propositivo. Sono stati vicini ai detenuti, li hanno sorvegliati ma lasciandone libero l’entusiasmo. In queste tre giornate, a Rebibbia nel Partito Radicale, oltre a discutere e confrontarsi su alcuni temi, sono comunque emerse alcune questioni principali. Su di esse i radicali combatteranno fino alla fine. I fili conduttori sono due: l’affermazione del diritto e della libertà, nel nome di Marco Pannella.
A proposito, alla fine del congresso dalle ultime file della sala, quelle dove sono stati seduti i detenuti, è partito un coro urlato per non dimenticare: Marco Pannella, Marco Pannella, Marco Pannella.
Fonte: Andrea Aversa – Voce di Napoli